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Il Gruppo Padovano

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IL SOCCORSO ALPINO PADOVANO

 

Non tutti sanno che anche a Padova, grande città di pianura, esiste una stazione del Soccorso Alpino. Di seguito la sua storia, raccontata da Giancarlo Zella, tratta dal libro dei 100 anni del CAI di Padova.

"In origine il gruppo di volontari, provetti alpinisti, che si sono messi  a disposizione della comunità di arrampicatori per intervenire in caso di incidenti sulle pareti di rocca pendice, e non solo, era definito squadra di Padova.

Aggregata alla stazione di Schio (stazione è la definizione per i gruppi che operano in zone di significativo rischi alpinistico) la squadra è stata costituita nel 1970 nell’ambito della scuola di alpinismo “Franco Piovan” e condotta per un decennio da Gastone Scalco che a quell’epoca ne era il direttore.

La necessità di avere un gruppo di intervento per il soccorso alpino, addestrato nelle tecniche di soccorso e dotato di specifiche attrezzature è sorta a seguito di un incidente nel 1969 a metà della via Carugati sulla Est di Rocca Pendice, a causa del volo di un ragazzo, in cordata con la fidanzata, che ha chiesto aiuto gridando.
La richiesta è stata raccolta con difficoltà dai residenti delle abitazioni a valle ed è arrivata nel tardo pomeriggio in sede al CAI da dove si è potuto organizzare e far partire un gruppo di alpinisti che hanno risolto il caso.

Per la cronaca, l’anno successivo, i due giovani hanno frequentato positivamente il corso di roccia.

Il gruppo di volontari, divenuto Squadra con l’aiuto dei colleghi di Schio, ha acquisito le tecniche di soccorso, impratichendosi sull’uso e l’impiego  delle attrezzature e, in una fase successiva, anche di manovre di primo soccorso sanitario.

Periodicamente e in modo sistematico, sia localmente che nell’ambito dell’XI Delegazione, vengono effettuate esercitazioni addestrando i volontari a intervenire, con tecniche sempre aggiornate, in soccorsi tipici della montagna, come ad esempio interventi su valanga, ricerca di dispersi in superficie anche con l’impiego di unità cinofile.

Importante è anche l’addestramento con gli elicotteri e gli equipaggi sia delle FFAA sia del SUEM (Servizio Urgenza ed Emergenza Medica) 118, con l’obbiettivo di uniformare le procedure e coordinare le modalità d’intervento.

Solo nel 1978 un articolo licenziato da Ferruccio Fassanelli apriva una finestra su questo gruppo di nostri istruttori. “La tacita gloria” era il titolo di questo breve ma chiaro pezzo, nel quale l’autore sottolineava il grande spirito di solidarietà che animava i suoi componenti. “Sono volontari, tredici in tutto, poco superstiziosi, forse, dato il numero ma consci dell’incarico da loro accettato”.

Nel tempo, con l’avvento dei moderni materiali che hanno rivoluzionato la progressione sule pareti di roccia, la frequentazione di Rocca Pendice è molto cresciuta e con essa pure gli incidenti che, spesso si risolvono all’interno della cordata con i metodi così ben insegnati nelle Scuole di Alpinismo. Ma non sempre è così, ed ecco allora la chiamata al 118 da dove scatta la macchina dei soccorsi.

Prima dell’attivazione di questo numero breve (ora attivo in quasi tutte le provincie d’Italia) per far intervenire una Squadra di Soccorso bisognava memorizzare il numero telefonico della Stazione locale che di solito era ben in evidenza all’ingresso delle valli alpine, oppure recarsi nei “posti di chiamata del Soccorso Alpino”, di solito nei rifugi.
Da noi, il primo “posto di chiamata” era da Ciro, trattoria in prossimità di Teolo e poi, quando Ciro ha smesso l’attività, presso la pizzeria trattoria “Al Quadrifoglio” in paizza Tito Livio a Teolo. 
Erano tempi in cui i telefonini non c’erano. Con inevitabili ripercussioni sui tempi d’intervento.
E meglio precisare però che ancora oggi,2008, ci sono zone non coperte, dove il telefonino non prende. Per esempio, riferendoci all’Italia, si riesce a chiamare dalla cime del Gran Sasso, ma non da Coma Dodici sull’altopiano di asiago.

L’area d’intervento della Squadra riguardava tutti i Colli Euganei, non solo Rocca Pendice. Anche in cave abbandonate, ogni tanto capita chi si va a “impegolare”. Aggiungiamoci qualcuno che incorra in qualche infortunio nella frequentazione di sentieri, magari anche chi riesce e perdersi in qualche angolo remoto ed ecco gli ingredienti giusti per far trasformare, nel tempo, la Squadra in Stazione autonoma.

Attualmente, le Stazioni che fanno parte dell’XI Zona del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) comprende le Prealpi Venete Occidentali (dal Canal del Brenta al lago di Garda) sono sei: Asiago, Arsiero, Padova, Recoaro-Valdagno, Schio e Verona.

Ma se a Rocca Pendice, dagli anni Ottanta, la frequentazione è molto cresciuta, quella della falesia di Lumignano, sui Colli Berici, è aumentata molto di più.

Così, sul finire delgi anni Novanta, quando la nostra squadra è assurta al “rango” di Stazione, i vertici dell’XI Zona del CNSAS hanno ritenuto opportuno e logico assegnare anche i Colli Berici alla nuova Stazione. Trecentocinquanta chilometri quadrati da sorvegliare dalla Stazione di Padova, che per meglio definire il suo ambito di intervento, ha affiancato al  nome ufficiale la dicitura “Euganeo – Berica”, inserendo nel proprio organico anche alcuni alpinisti vicentini.

Un tempo per entrare a far parte della Squadra bastava presentare il curriculum e superare un colloquio con il Caposquadra. Ora il percorso è ben diverso: oltre al curriculum che deve comprendere tutte le discipline alpinistiche, al colloquio d’ingresso con il Capostazione, l’aspirante volontario deve partecipare per un anno alle riunioni mensili e agli addestramenti in ambiente. A completamento del periodo di preparazione, il candidato deve superare esami pratici organizzati dalla Delegazione sulle discipline di roccia, ghiaccio e scialpinismo.

Lo scopo è quello di formare un soccorritore capace di affiancare, all’occorrenza, i colleghi di altre stazioni del Veneto e di essere in grado di gestire un soccorso in qualunque altra località d’Italia o dove può capitare.
Ne consegue la necessità di porre un limite massimo d’età per l’ingresso nel CNSAS, così che il volontario possa avere un buon numero di anni di alto rendimento davanti a se.

Nella nostra Stazione operano oggi anche operatori sanitari, medici ed infermieri altamente specializzati. Questo garantisce sempre un intervento molto qualificato in quanto nel gruppo che partecipa all’operazione c’è la presenza di almeno una di queste figure.
Inoltre,la stazione si avvale anche di un’unità cinofila, un cane Labrador di nome Lucky, che viene mantenuto in addestramento costante dal nostro volontario Ezio Tedesco.

La velocità degli interventi  è un fattore fondamentale per le riuscite  efficaci dei soccorsi, ed è per questo che, in particolari casi, viene ora utilizzato anche l’elicottero.
Va detto e sottolineato, che questo mezzo costa assai alla collettività e va usato solo in casi di vera emergenza. Ricordiamo perciò che quando si chiede aiuto all’operatore del 118, si deve essere precisi nelle indicazioni riguardo il luogo dove è avvenuto l’incidente, sulla dinamica e sullo stato dell’infortunato. Sarà questo tecnico a decidere sull’intervento o meno l’utilizzo del mezzo aereo.
La procedura prevede che, se la persona  soccorsa non viene ospedalizzata le venga addebitato il costo dell’elicottero (oggi siamo intorno ai 100 € al minuto).
Anche per i tesserati del CAI vale lo tesso principio.

In Italia tutto sommato le cose vanno ancora bene. In altri Paesi ( Svizzera per esempio) quando arrivano i soccorsi la prima domanda che fanno al malcapitato non sono le sue generalità, ma il numero della sua carta di credito.
Dato l’accordo di reciprocità stipulato dia diversi Club Alpini Europei, per i soci CAI interviene l’assicurazione stipulata dalla sede centrale. Ma attenzione, interviene fino ai massimali previsti. Poi tocca alle nostre tasche.

Gli Euganei e i Berici sono raggiungibili in circa un quarto d’ora dall’eliambulanza altamente specializzata di “Verona Emergenza” (quella di Padova ad oggi non è abilitata), un modernissimo quadripala con a bordo sempre un medico e un tecnico del Soccorso Alpino.



Gli Euganei e i Berici sono raggiungibili in circa un quarto d’ora dall’eliambulanza altamente specializzata di “Verona Emergenza” (quella di Padova ad oggi non è abilitata), un modernissimo quadripala con a bordo sempre un medico e un tecnico del Soccorso Alpino.

I finanziamenti per avere sempre  materiali efficienti e poter rinnovare quelli “scaduti”, provengono dalla Regione Veneto attraverso l’XI Zona del CNSAS.

La stazione ha in dotazione anche un fuoristrada Land Rover, assegnata dal Soccorso Alpino e Speleologico Veneto con l’intesa che possa essere messa a disposizione  di qualunque altra stazione che ne avesse bisogno. Come quasi tutte le altre Jeep ora in servizio nella nostra Regione, anche la “nostra” si è realizzata grazie a un finanziamento a progetto della Protezione Civile del Veneto.

Trattandosi di un’attività volontaria, non è prevista la voce “rimborso spese” per i volontari che operano in modo totalmente gratuito.

Da quando è stato fondato ufficialmente negli anni ’50 del secolo scorso, il Soccorso Alpino e Speleologico nazionale ha visto una innumerevole schiera di volontari succedersi nei propri organici.

Per restare nella nostra stazione” ricordiamo solo i più illustri: dai fondatori Gastone Scalco, Ferruccio Fassanelli, Livio e Bepi Grazian, Sergio Billoro, Graziano Mingardo, Pier Paolo Cagol, ai tanti altrettanto validissimi componenti che via via hanno “dato una mano” a questa importante realtà del CAI di Padova.

Abbiamo già ricordato che dal 1970 al 1980 il gruppo è stato diretto dall’indimenticabile Gastone Scalco; gli è succeduto Giancarlo Zella che ha poi passato il testimone, nel 1995, ad Antonio Feltrin che ha diretto la squadra fino a Dicembre 2014. Oggi il nuovo Capo Stazione è Maurizio Scollo e il Vice Daniele Tonin.

E anche se da qualche anno alcune Istituzioni ambiscono a sostituirsi al ruolo del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e speleologico, a oggi però non c’è ancora nessuno in grado di competere con la preparazione delle nostre Squadre di Volontari. E allora….allora si può prevedere e augurare lunga vita al CNSAS."